LE ORIGINI DI SHERAZADE
La storia di Sherazade è conosciuta in tutto il mondo poiché fa da cornice ai famosi racconti de “Le mille e una notte”, che costituiscono il più noto corpus fiabesco, divenuto un pilastro della letteratura internazionale, definito da Dino Buzzati “la Bibbia della fiaba”.
Nel titolo le Mille e una notte è già contenuto il suo fascino e la suggestione di un libro infinito.
Dire “mille notti” è come dire infinite notti, innumerevoli notti. Dire “mille e una notte” è come aggiungere uno all’infinito.
Molti studiosi e ricercatori hanno provato a datare e a risalire all’autore di queste novelle, le cui radici affondano nella cultura indo-persiana, per poi diffondersi in quella bagdadita ed egiziana.
La versione che è arrivata fino a noi, è la versione araba, tradotta in francese da Galland, un orientalista del ‘600, che ha ritrovato solo una parte delle novelle originarie.
In realtà questo nucleo nulla ha a che vedere con la storia di Sherazade, ma fa parte del patrimonio di novelle, raccolte, prima dal mondo iranico e poi dal mondo arabo, ovviamente rimaneggiate e riadattate alle loro culture.
IL CODICE NARRATIVO
- Il testo ha come focus un racconto principale che funziona da cornice, da cui si diramano le storie dei vari personaggi che popolano l’immaginario dell’opera.
- Le formule di apertura per ogni storia, che funzionano da “apriti sesamo” e quelle di chiusura che, lungi dal fornire riduttive interpretazioni moralistiche, indicano la via della felicità e dell’armonia. “ Così agì una volta un re felice…”
- Il racconto a “matrioska”. Esso crea una rete che “unisce” le storie tra loro. L’una si riallaccia all’altra, in ognuna di esse vive una Sherazade e ad ogni passo delle sue storie viene in mente una storia nuova.
- Il ritmo, attuato attraverso la metrica dei versi e della narrazione in prosa.
SHERAZADE NELLA VERSIONE ARABA
Nella versione araba, l’asse portante dello sviluppo narrativo ha come protagonista un re dell’India, il quale fortemente deluso per il tradimento della prima moglie, la uccide e mette in atto un crudele meccanismo per fare in modo di sposarsi ogni notte con una ragazza vergine diversa, la quale al mattino verrà uccisa.
Poiché le giovani iniziavano a scarseggiare, Sherazade, la figlia del gran Visir, si propone volontariamente, con lo scopo di interrompere la brutale pratica dei sacrifici.
La tattica escogitata da Sheherazade è quella, antichissima, della narrazione di storie; la giovane sposa inizia a raccontare, apparentemente rivolta alla sorella minore Duniazade, ma stando ben attenta a far sì che nella stessa stanza si trovi anche il re, che, affascinato dalle suggestive fiabe, diventa in realtà l’ascoltatore principale delle Mille e una notte.
La maestria di Sherazade consiste non soltanto nel rinviare al giorno successivo la conclusione della storia, bensì nell’iniziare un nuovo racconto al momento opportuno della notte, rinnovando in tal modo l’interesse del suo ascoltatore e rinviare la sua uccisione.
L’arte di Sherazade è quella di creare immagini con le parole; con la sua intelligenza e sensibilità femminile, riesce a trasformare l’ira del sultano, tessendo la trama con i fili della narrazione e a modificarne la volontà iniziale.
L’arte che permette a Sherazade di salvarsi la vita ogni notte sta nel saper incatenare una storia all’altra e nel sapersi interrompere al momento giusto: due operazioni sulla continuità e discontinuità del tempo.
È un ritmo segreto e sensuale, un ritmo che cattura il tempo, prolungandolo, che permette di creare una relazione tra chi racconta e chi ascolta. Una relazione che ha come protagonista l’immaginazione.
E non è forse questo il segreto e l’humus di ogni relazione, di ogni relazione d’amore e delle nostre vite?
Raccontando e risvegliando l’eros e il piacere, Sherazade diventa una sciamana-cantastorie, capace di medicare e guarire, la ferita dell’umiliazione subita, risvegliando l’energia sessuale, cioè vitale, del re Shariyar.
SHERAZADE NELLA VERSIONE INDIANA
La narrazione originale, scritta in sanscrito, di origini indiane, narra delle mille novelle raccontate da Sherazade al suo re Shariyar.
Il re tradito dalla moglie la uccide e cade in depressione. Il regno resta per molto tempo senza una guida, così un giorno Sherazade chiede a suo padre, il gran visir, di usare le sue arti affabulatorie per cercare di riportare il re alla realtà. Per due anni e 9 mesi, Sherazade si dedica al re, per risvegliarlo e guarirlo dal dolore.
In alcuni testi sulle Notti, ho trovato questa affermazione, che è frutto delle manipolazioni e rimaneggiamenti culturali dei paesi con cui è entrata in contatto.
“L’abilità della giovane, nonché la sua sviluppata scaltrezza, emerge ancor più per il fatto che Sherazade diletta Shariyar raccontando storie che hanno come protagoniste mogli infedeli e mariti traditi, riuscendo in questo modo a distogliere l’attenzione del re dalla sua vicenda personale, inducendolo a pacificarsi con la sfera femminile”.
Le domande che mi sorgono spontanee sono:
- Se questo era realmente il contenuto delle storie, più che riappacificarsi, non invitano a diffidare maggiormente delle donne?
- O dovrebbero servire a placare la ferita narcisistica del re?
- O, ancora, a rassegnarsi alla natura femminile, che è traditrice?
- Vi immaginate Sherazade, dolce figlia della luna, raccontare di altre donne, dipingendole come ingannatrici, traditrici e infedeli?
Nella versione originale indiana, è ben altro il contenuto della sua storia, ispirata probabilmente dalla tradizione erotica tantrica, Sherazade svela un contenuto molto profondo e spirituale, che “unisce” MISSIONE DELL’ANIMA e SESSUALITA’, svelando quali sono le vere CAUSE DEL TRADIMENTO, qual è la motivazione che porta una donna a tradire.
E’ questo che ho voluto raccontare nelle mia versione “Sherazade incontra Barbablù”, per ricordare le antiche origini del racconto e i suoi messaggi iniziatici e alchemici, autentiche FIABE DI POTERE.
Esistono 13 trattati di medicina indiana, anch’essi in traduzioni araba, dove vi sono paragrafi dedicati alle fiabe, con narrazioni notturne e racconti, dove si legge anche il celeberrimo racconto di Kalila e Dimna.
Sheherazade è una figura speciale. Di lei si dice “aveva un coraggio superiore al suo sesso, uno spirito singolare e una meravigliosa perspicacia…aveva molto letto, ed era di memoria tanto prodigiosa, che non dimenticava alcuna cosa”.
Sherazade è una donna che “ricorda”.
Grazie alla sua prodigiosa capacità inventiva e alle sue raffinate arti affabulatorie, Sherazade salva la testa dalla scimitarra del boia. Trovando il modo, ogni notte, di affascinare e in-cantare il re.
NARRARE SIGNIFICA SALVARSI.
Molti studiosi riconducono a questa motivazione, l’opera di Sherazade.
E poiché le domande sono le chiavi per aprire le porte della consapevolezza, vi inviterei a riflettere e chiedervi:
- Era davvero questo l’intento di Sherazade? Salvarsi?
- Non si era proposta come sposa del re in modo volontario?
- Ciò che la guidava non era forse un intento che andava al di là del suo piccolo io sociale?
- Interrompere le uccisioni di altre donne, o salvare il regno, non era il suo scopo iniziale?
- E quindi anche la sua MISSIONE DELL’ANIMA?
NARRARE SIGNIFICA CURARE.
All’inizio, per Sherazade raccontare storie che catturino l’attenzione del re è di fondamentale importanza, per poter instaurare una relazione, fatta di curiosità iniziale, e una continuità, nel tempo, che le permetteva di placare la diffidenza.
Credere nelle sue capacità e nella sua missione ne affina l’immaginazione e la creatività, portandola a creare una grande rete di storie, che come fili si intrecciano sulle parole, ideando una narrazione a matrioska, per scoprire che tutte le storie, in fondo, sono un’unica storia, che, pur nella lussureggiante varietà di protagonisti e di avventure, hanno comuni radici segrete.
Il re si lascia condurre da Sherazade in labirinti di meraviglia. I racconti lo trasporteranno da una realtà maschile violenta, di partite di caccia, piaceri carnali e conquiste, ad una nuova realtà, fatta di immaginazione e di parole, impalpabile, sottile, seducente come una notte di luna piena nel deserto o una musica meravigliosa, all’interno della quale un uomo vive le più straordinarie peripezie, si moltiplica in centinaia di diversi destini, diventa protagonista di atti eroici, di passioni e di prodigi indescrivibili, ama le donne più belle, soffre per le più crudeli stregonerie, conosce i saggi più profondi e visita i più esotici paradisi. Quando il re Shariyar perdona la sua sposa – in verità, le chiede perdono e si pente dei propri delitti - è un essere che le novelle hanno trasformato, risvegliando le sue parti sensibili, empatiche, femminili. Si riappacifica con il femminile dentro e fuori di lui.
L’ARTE DELLA SEDUZIONE
Attrarre a sé, significa portare fuori, rivoluzionare l’altro, ed ha per fine la trasgressione, cioè rompere schemi rigidi, irretimenti e incantesimi culturali e archetipici.
L’elemento trasgressivo della seduzione si propone un capovolgimento di senso, di valori, di punti di vista.
Sherazade ricorda altre figure come Eva, Elena, Circe, Nausicaa, le sirene, che erano maestre nell’arte della seduzione.
Invece di utilizzare la seduzione come arma per manifestare il proprio potere sull’altro, Sherazade la usa per trionfare sul tempo: le Mille e una notte sono un'esplorazione delle diverse dimensioni della seduzione e del rapporto tra il desiderio e il tempo.
Sherazade riesce a spostare l’attenzione dalle sue caratteristiche fisiche ed esteriori, che sono l’unica cosa che interessa al re, per mostrare le sue doti interiori ed invisibili, di immaginazione, intelligenza e intuito.
“Questa fiaba-cornice può essere letta come una delle tante modalità in cui l'uomo può porsi di fronte al proprio desiderio nei confronti della donna.
Don Giovanni, Barbablù, lo stregone ammazzamogli, Shariyar, antepongono un’etica della quantità, usando la seduzione come energia femminile per entrare nell’immaginario della vittima prescelta, e uscendone dopo l’atto sessuale, rientrando nella loro mascolinità e perdendo qualsiasi interesse per l’oggetto del desiderio.
Sherazade usa l’estetica della qualità e cambia le regole del gioco: non usa la bellezza e l'attrazione del suo corpo. Essa sarà per il re una vera compagna e con lei il desiderio diventa scambio. Essa trionferà sull'effimero e inizierà l'impresa di sedurre il re.
Il re ascolta il racconto che Sherazade rinnova ogni notte. Il desiderio si apre così sull'immaginario, di cui Sherazade diventa abile tessitrice e il suo potere consiste appunto nel farne uno strumento di attesa e di durata.
Le altre giovani, che il re aveva sacrificato per tre anni, potevano offrirgli solo la pratica sessuale, senza poter fermare il tempo del desiderio attraverso la conoscenza e il riconoscimento delle arti dell'amore.
Esse non potevano che morire, poiché non avevano altro da offrire.
Sherazade, invece, sostituisce il desiderio del tempo, al tempo del desiderio.
Per mille e una notte Sherazade, fa rinascere iI desiderio con la potenza del suo racconto.
Sherazade riesce a capovolgere la situazione, poiché attraverso le fiabe che narra, propone una rottura, un'uscita dagli schemi: essa rappresenta la natura trasformatrice del femminile che costringe ad una tensione, ad un mutamento e quindi alla trasformazione.
Sherazade riesce così a far accedere il re alla dimensione simbolica di cui lei ha le chiavi e che trasforma la cieca e coattiva pulsione di morte in relazione e vita.
Raccontando « storie che curano », come direbbe Hillman, ella offre al re la possibilità dello sviluppo psichico: ed egli infatti si ingentilisce in questo contatto animico fino ad abbandonare la sua brutale pulsione di morte.
Nell'epilogo delle Mille e una notte, Sherazade sposa il re: la seduzione, l’eros, ha avuto ragione della morte.
L’Eros e la Bellezza sono le chiavi che permettono di trasformare la percezione di un’ostacolo in una forza.