Tutto è iniziato da queste 3 carte.
E da questo momento che ho inaugurato la mia attività di "custode delle storie".
Le carte dei Tarocchi fiabeschi sono "arrivate" nel 1997. Le ho utilizzate e sperimentate con un gruppo di amici, artisti di strada e musicisti, che venivano a trovarmi, incuriositi da questo nuovo gioco, che risvegliava l'immaginazione e ci permetteva di raccontarci, attraverso le immagini delle carte.
Dal 2000 al 2003 ho frequentato il Master in Counseling gestaltico e nel 2003 ho incontrato Alejandro Jodorowsky, che ha contribuito ad ispirare quello che oggi è il metodo Metafiabe®.
Nel 2006, durante la conduzione di un gruppo, una donna fu invitata a fare una domanda su un problema e a scegliere tre carte coperte. Il problema, il conflitto che viveva in quel momento riguardava la scelta di avere un bambino. A causa di una infiammazione alle ovaie, si erano ristrette le tube, per cui era difficile, se non impossibile, rimanere incinta. Con il marito stavano decidendo di provare con l’inseminazione artificiale, ma l’utilizzo di un mezzo “meccanico” entrava in contrasto con la sua idea del bambino che arriva, chiamato, per amore e mandato da Dio; questa decisione le creava un conflitto con l’educazione cattolica ricevuta.
Le carte scelte, rappresentavano: il castello, la fata e il tamburo.
La donna iniziò a raccontare: “C’era una volta…un re e una regina, che non potevano avere figli. La principessa.... (Ho fatto una riformulazione: “la principessa"? "Mi stai dicendo che non era ancora una regina? L’unione, il matrimonio non è ancora avvenuto? Come vivi il tuo matrimonio? Ti senti alla pari con tuo marito?". Queste domande hanno permesso di far emergere qualcosa che ancora non era chiaro...).
La regina era sempre triste perché il castello era vuoto…( approfondendo, è emerso che il castello vuoto era come lei sentiva il suo utero).
Un giorno decisero di andare sulle montagne, dove viveva una fata, per chiederle aiuto ( la fata ero io in quel momento, un aiuto, apparentemente esterno, ma anche una sua parte spirituale, che andava oltre la razionalità).
Lei aveva un tamburo magico, che quando suonava…
A questo punto la donna non sapeva come continuare. Ho assecondato “l’impasse”, senza suggerire soluzioni, ma ho proposto delle chiavi di lettura, invitandola a ritrovarci dopo 2 settimane.
Il castello, la casa, in generale, rappresenta il “vestito” del protagonista che lo abita; può essere una manifestazione esteriore adeguata alle realtà del soggetto o costituire una maschera sotto cui egli si cela. L’abitazione è comunque significativa rispetto alla funzione che svolge il suo proprietario, è l’immagine che ne rappresenta l’IO. In questo caso, il valore emotivo, espresso dalla donna, mi portava verso l’idea dell’utero vuoto.
La fata, nella mitologia rappresentata da Artemide, Diana, le Sibille, protegge le vergini e le donne che devono partorire. Rappresenta anche l’anima razionale, il pensiero, l’intelligenza, la saggezza.
Il tamburo, strumento femminile, rotondo e con la pelle tesa, è come il ventre della donna. Il suono ricorda il battito del cuore.
Nell’incontro successivo, la donna mi ha riferito di aver fatto un sogno: ha visto un bambino, con i riccioli dorati, ha sentito il battito del suo cuore, come il suono del tamburo, e un amore immenso per lui. Al suo risveglio gli ha scritto una lettera d'amore e di benvenuto. Mi ha detto che era arrivata a prendere una decisione, scegliendo di ascoltare il cuore e non la mente. Avrebbe tentato l’inseminazione artificiale. L’elemento tranquillizzante, per lei, era il fatto che non sempre l’inseminazione funzionava: in quel caso, sarebbe stato un ulteriore segnale, per non insistere ancora.
Sull’onda di queste restituzioni, ho prescritto un atto psicomagico:
Costruisci o compra un tamburo. Trova un seme da albero da piantare. Vai sopra una montagna insieme a tuo marito, trova un bel posto accogliente e suona il tamburo alle ore 9, per 9 minuti; dopodiché pianta il seme.
A due mesi da questo avvenimento, la protagonista di questa mia prima esperienza, mi ha chiamato per dirmi che era in arrivo un bambino.
Questo risultato mi ha spinto ad approfondire, fare ricerche e andare avanti nel proporre questo "metodo".
Ad oggi ho raccolto e custodito circa 200 storie ed altrettante ne ho ricevute dalle supervisioni dei "facilitatori" che ho formato negli ultimi 6 anni.
Può succedere che nelle profondità dell’anima riposi una esperienza indistinta, che non affiora alla coscienza, che vi si svolge senza che nulla di essa emerga nella vita diurna cosciente. Ma vi è qualcosa nell’anima, proprio come nell’organismo è presente la fame, e come per la fame si ha bisogno di qualcosa, così ci si sente spinti verso una fiaba di cui disponiamo, oppure ad attingere ad una leggenda, o se si ha una natura artistica, a creare noi stessi qualcosa che ci faccia sentire che tutte le parole occorrenti teoricamente, di fronte a questa esperienza, siano come un balbettio: così, appunto, si generano immagini di fiaba.
Tale appagamento cosciente dell’anima, con le immagini fiabesche, è il nutrimento dell’anima per quella fame che è stata prima caratterizzata.” (Steiner, “La poesia delle fiabe…”)
Paola Biato
Counselor olistica, Art-counselor, Costellatrice archetipica, Immaginalista
(Per approfondire puoi leggere il mio libro "Tarocchi fiabeschi e Psicofiaba", ed. Verdechiaro)
https://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__tarocchi-fiabeschi-psicofiabe-paola-biato.php?pn=5996