Noi siamo fiabe, siamo mito. Le storie parlano di noi, della nostra vita.
Le ferite che ci attraversano hanno radici profonde, spesso familiari, proprio come nelle fiabe e nei miti. Se continuiamo a raccontarle e tramandarle, è perché risuonano dentro di noi, ci chiamano a fermarci, ad ascoltare con attenzione.
Sono specchi narrativi che riflettono i nostri dolori, i nostri desideri e il viaggio di trasformazione della coscienza che possiamo intraprendere.
Le fiabe custodiscono un codice segreto, una grammatica dell'anima che ci guida.
Le emozioni, pesanti come il piombo, si trasmutano lungo il percorso, rivelando, infine, oro puro.
Come nella tecnica del kintsugi, che ripara le fratture con oro fuso, le fiabe ci insegnano che dalle ferite può nascere bellezza e forza.
LA FERITA DEL RIFIUTO NEI RACCONTI
In quali fiabe possiamo riconoscere la ferita del rifiuto?
In Biancaneve, la matrigna, o in alcune versioni la madre stessa, rifiuta la figlia quando questa raggiunge l’età della giovinezza.
"Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?"
Lo specchio restituisce alla regina il suo dramma: il tempo che scorre, la giovinezza che sfiorisce, la paura della successione e della morte.
Il rifiuto diventa un'ingiunzione implicita:
"Tu non devi essere più bella, più brava, più amata di me."
"Tu non devi superarmi, non devi prendere il mio posto."
Queste dinamiche si ripetono nella vita reale, intrecciandosi nelle relazioni familiari e nelle aspettative sociali. Ma se riconosciamo il copione, possiamo interrompere l'incantesimo della ripetizione e dell'auto-sabotaggio.
Come Biancaneve, cerchiamo di essere perfette, accondiscendenti, servizievoli?
Ci adattiamo fino a diventare le cameriere dei sette nani, come strategia di sopravvivenza?
Eppure, proprio come nelle fratture dell'oro fuso del kintsugi, le fiabe ci sussurrano che il valore autentico non sta nel conformarsi, ma nel riconoscere la propria unicità e ricomporre la propria storia con orgoglio.
IL BRUTTO ANATROCCOLO E IL RIFIUTO DEL MONDO
Nel Brutto Anatroccolo, il rifiuto proviene dalla comunità.
La madre, fragile e impotente, non riesce a proteggerlo dallo scherno e dalla solitudine. Qui, il rifiuto nasce dalla diversità, percepita come un pericolo in un mondo rigido, incapace di accogliere l'originalità.
Anche in questa fiaba troviamo uno specchio: uno specchio d'acqua, che riflette un'immagine diversa, inattesa.
Lo stesso specchio del mito di Narciso, o dello specchio di Dioniso.
Ogni specchio rimanda qualcosa che è "oltre", qualcosa di invisibile, con cui confrontarci, riconoscerci, smembrarci, ricomporci.
Ogni specchio funge da zona di soglia, confine e contatto, con le nostre alterità non viste, non riconosciute, non accolte, non amate.
E l'incontro può essere devastante o salvifico
Ma quando scegliamo di vedere le nostre crepe come spazi di crescita, se impariamo a riempirle con oro e luce, allora la ferita del rifiuto non sarà più una condanna, ma una chiamata a rivelare la nostra vera natura.
Come nelle fiabe, possiamo trasformare le ferite in portali di rinascita. E, come nel kintsugi, possiamo onorare le nostre fratture, lasciando che siano loro a raccontare la bellezza della nostra storia.
©Paola Biato
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LA FERITA DEL RIFIUTO
Secondo Lise Bourbeau, la ferita del rifiuto è una delle cinque ferite dell'anima che influenzano profondamente il nostro comportamento e le nostre relazioni. Questa ferita si sviluppa nei primi anni di vita, spesso a causa di un rifiuto percepito da parte di un genitore (solitamente dello stesso sesso).
Caratteristiche della ferita del rifiuto
- Si manifesta con la paura di non essere accettati o di non avere valore.
- Chi la porta tende a sviluppare la maschera del fuggitivo, evitando il confronto e cercando di passare inosservato.
- Può generare insicurezza, autosvalutazione e difficoltà a vivere pienamente le relazioni.
Come guarire la ferita del rifiuto
- Riconoscere la ferita: Accettare di aver vissuto il rifiuto e osservare come influisce sulla propria vita.
- Smettere di auto-rifiutarsi: Lavorare sull'autostima e sull’accettazione di sé.
- Coltivare la presenza e il radicamento: Essere presenti nel corpo e nelle emozioni per evitare la fuga dal mondo reale.
- Perdonare e rielaborare il passato: Comprendere che il rifiuto iniziale non definisce il proprio valore.
- Sviluppare relazioni autentiche: Esprimere i propri bisogni e non temere il giudizio altrui.
Guarire questa ferita significa accettarsi profondamente, riconoscere il proprio valore e comprendere che cercare conferme esterne per sentirsi degni d’amore, non è la strada.
Fonti:

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